Siamo le proiezioni di quello che eravamo e le memorie di quello che saremo.  Guardiamo il presente e il nostro cervello decodifica  attraverso  la nostra memoria. Il presente immediatamente diventa passato e navighiamo nel torrente dei ricordi e dei progetti.            Memoria.          Oggetti di uso comune accompagnano le nostre giornate e diventano testimoni attivi dei nostri ricordi. Attraverso  la visione degli oggetti  riviviamo spazi temporali trascorsi ed è  così che radio,  macchine da scrivere, automobili, motociclette, diventano allora strumenti che ci proiettano nel passato  e nei nostri ricordi.

Maurizio Zorat  è affascinato da quegli oggetti, che per il loro design  e per il loro uso, sono diventati protagonisti di un’epoca.

Usando una tecnica del presente disegna in digitale, pixel per pixel, questi oggetti, sovrapponendo spazi temporali diversi.                         Passato e futuro  nel presente.            Pixel come pennellata,  pixel come punti nello spazio senza tempo.

Zorat disegna grandi robot.     “Umanomacchine”,  che volevano esprimere il futuro, diventano icone di un passato che sembra lontanissimo.            Sembriamo gli esseri umani di un  “Blade Runner”  ormai lontano che  riscoprono i loro oggetti. 

Le prime macchine polaroid diventano scatole magiche.  Le fotografie come farfalle si dissolvono nel tempo. Come i petali di fiori i loro colori spariscono  in un autunno senza fine.                                                                     

Zorat in maniera asettica ne cattura la poesia.

Il marchio della “giulietta sprint” in acciaio  cromato  diventa un paesaggio azzurro nell’azzurro dei nostri ricordi.

Il tassametro “Argo”  ci fa risentire il rumore che scandiva i nostri viaggi metropolitani. Il contachilometri della 600 ci fa rivivere il suono  del  motore che ci spingeva oltre i cento all’ora, velocità che ci faceva letteralmente vibrare.

Entriamo come  i protagonisti di film in bianco e nero  nei nostri ricordi  colorati.

Zorat ricompone, scomponendo, le tracce di un passato.   Punto per punto, pixel per pixel,  ripercorre il vuoto del tempo, il desiderio di appartenere ad un passato che sembra scorrere lontano.

Come una navicella spaziale  che lascia la base . Come un meteorite che traccia nell’infinito il segno.

Il video Bettie  proiettato apparentemente come un vecchio filmino super otto ci riporta al fascino della sale cinematografiche dove lo scorrere della pellicola  diventava un  sottofondo sonoro.

Betti come Bettie Page, l’ icona  di un erotismo mai volgare che ha ispirato tanti artisti del pop americano negli anni 60. Il video è per scelta elementare e non usa nessun virtuosismo tecnico anche se è costruito in digitale, fotogramma per fotogramma .

Bettie proiettata nel video si materializza in una sagoma, ombra del ricordo,  e sembra nello stesso tempo riportarci alle prime animazioni, alla nascita del cinema .                 Fotogramma  per fotogramma.  

Ombre cinesi.                Kinetoscopio.                  Lanterna magica .

Zorat sorride mentre il video va….. come   una vecchia Lambretta …… come una vecchia radio …….come  il click di una  Rolleiflex…… come  la Fiat 600 come i nostri ricordi …….souvenirs….

Giorgio  Cardazzo                                                                      un giorno grigio di febbraio del 2010

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© Maurizio Zorat  2018